Lungo le strade di Dakar e in ogni villaggio del paese, è davvero facile incontrare donne che tostano noccioline, le confezionano in bottiglie o sacchetti di plastica, e le vendono ai passanti per pochi franchi.
Le arachidi vengono utilizzate anche per preparare uno dei piatti più popolari e diffusi in Senegal e nel confinante Mali: il Mafè. Uno stufato di carne, molto gustoso e ricco (ma un po’ pesantuccio, devo dire).
Si tratta insomma di qualcosa che fa davvero parte della cultura del paese, che è ancora oggi uno dei primi 10 produttori di peanuts a livello mondiale, subito dopo grandi nazioni come Cina, India, USA e Nigeria.
Nonostante sia coltivata in buona parte del Senegal, l’arachis hypogea non è una specie autoctona, viene anzi da molto lontano. Il nome che si usa volgarmente in francese per le noccioline, “cacahuetès”, deriva da “tlālcacahuatl”, un termine in lingua azteca, originario dell’attuale Messico. Si tratta di un legume, ricco di proteine vegetali e grassi, coltivato inizialmente in America centrale e meridionale.
Ma come, quando e perché questa coltivazione è arrivata in Africa occidentale e soprattutto come ha fatto ad assumere un ruolo così importante nell’economia, nella dieta e nella cultura del Senegal e di altri paesi dell’area?
È una storia articolata e interessante che la scrittrice e giornalista Jori Lewis, afroamericana di origine senegalese, ha raccontato in maniera avvincente nel suo libro Slaves for Peanuts, uscito negli Stati Uniti proprio quest’anno. Una storia ricostruita raccogliendo una grande quantità di fonti storiche d’archivio, testimonianze e racconti orali dei griot. Una storia di dominazione coloniale, espansione commerciale e schiavitù.
Jori Lewis, Peanuts for Slaves, A Story of Conquest, Liberation, and a Crop That Changed History
La pianta fa la sua comparsa in West-Africa già nel 1500. Il clima e il suolo sabbioso del Senegal garantiscono le condizioni perfette per la sua coltivazione. Ma sarà soltanto nel corso del 19° secolo che le noccioline vivranno il loro boom, con un incremento della produzione sempre più marcato, anno dopo anno.
Il motivo è la crescita esponenziale della domanda, dovuta a una serie di fattori, ameno tre, legati al cambiamento dello stile di vita in Europa e all’esplosione della rivoluzione industriale.
Il primo fattore, in ordine cronologico, è la grande crescita del livello medio di igiene nei paesi “occidentali”.
Fino alla prima metà dell’800, la pulizia non è mai stata in cima alle lista delle nostre priorità, tanto tra le classi meno abbienti, quanto tra nobili e notabili. Diciamo pure che, rispetto ai nostri standard, la situazione era agghiacciante. Gradualmente, cambiano le relazioni sociali e le conoscenze scientifiche che porteranno allo sviluppo di pratiche e prodotti che oggi consideriamo indispensabili.
Il sapone si produce con grandi quantità di olio vegetale. Per i celebri saponifici di Marsiglia, l’olio di arachidi è perfetto. Le istituzioni e i mercanti francesi in terra senegalese fiutano l’affare e cominciano a prendere iniziative per sviluppare la coltivazione della pianta e l’esportazione del prodotto.
La seconda ragione è la meccanizzazione dei processi produttivi che si verifica durante la stagione della Rivoluzione Industriale. C’è bisogno di una grande quantità di lubrificanti, con cui ingrassare i macchinari di fabbriche sempre più grandi ed efficienti. Non tutti i grassi animali e vegetali sono adatti a questo scopo. L’olio di arachidi invece funziona.
Infine, un ultimo punto. Insieme alla produttività generata dalla rivoluzione industriale, crescono anche il livello economico medio della popolazione e la quantità di tempo libero a disposizione della gente. Le noccioline sono uno snack ideale, da sgranocchiare durante gli spettacoli e gli eventi sportivi.
Rivoluzione industriale, sapone e tempo libero in Europa, portano in sostanza al grande sviluppo della produzione delle noccioline africane (ma anche indiane e sudamericane) tra ‘800 e ‘900.
Con la Rivoluzione Industriale esplode la domanda di lubrificanti
Per dare vita ad un commercio davvero vantaggioso e battere la concorrenza delle altre potenze coloniali, inglesi in testa, i francesi devono però risolvere un paio di problemi.
Il primo è la necessità di continuare a disporre di una fonte di lavoro a bassissimo costo. Nonostante i colonizzatori, formalmente, abbiano ormai abolito la schiavitù che dava vita alla tratta, di fatto essa continuerà a vivere ancora per lungo tempo.
Come abbiamo raccontato QUI, quando gli europei arrivano in Africa sub-sahariana, verso la metà del ‘500, la schiavitù esiste già da secoli. Anche se viene portata avanti ad un altro livello e con modalità molto differenti da quelle sviluppate in seguito.
Nelle campagne e nelle zone interne del Senegal essa continuerà quindi, come sempre, anche dopo la proclamazione della sua abolizione. Si tratta tra l’altro di regioni in cui i francesi non esercitano un controllo pieno e diretto, ma devono relazionarsi ed accordarsi con sovrani e signori locali.
Per affrancarsi, gli schiavi dovrebbero raggiungere Saint-Louis o Gorée, e affrontare un percorso burocratico lungo e complicato, senza garanzia di successo.
I francesi sfruttano questa situazione di fatto, per garantirsi abbondanti raccolti ad un prezzo iper-competitivo. Sostanzialmente la coltivazione e il commercio delle arachidi, teoricamente legittimo, è uno dei fattori più importanti per la prosecuzione delle pratiche schiaviste in West-Africa.
Il secondo problema da risolvere è il trasporto della merce, che avviene ancora a dorso d’asino o di cammello. Per rendere più efficiente il sistema, i francesi capiscono che devono lanciarsi in una nuova impresa: la costruzione della prima linea ferroviaria della storia del paese. Ha inizio un’epopea che si protrarrà per anni, tra scontri, battaglie e tentativi d’accordo con i signori locali, che, soprattutto all’inizio, ostacolano in tutti i modi la costruzione dell’infrastruttura.
Alla fine i francesi, tra mille difficoltà, riescono a completare la linea e il commercio intercontinentale delle arachidi esplode definitivamente.
La ferrovia in Senegal è nata quindi soprattutto per rendere più efficiente e redditizio il commercio delle noccioline e dei prodotti derivati. Oggi quell’antica linea, che collegava l’allora capitale Saint-Louis a Rufisque e a Dakar, non esiste più.
Da circa un anno, esiste in compenso un nuovo treno, funzionale e moderno, che dovrebbe servire a decongestionare il traffico tra il centro della Capitale, la periferia e Diamadiao, il nuovo distretto amministrativo creato a pochi km di distanza dall’aeroporto. Sulla carta una specie di quartiere EUR a Roma, con uffici, sedi istituzionali, abitazioni e negozi, attualmente un’inquietante città fantasma, che cresce a un ritmo impressionante.
Anche in questo caso i francesi sono coinvolti nel progetto, che hanno in buona parte finanziato e seguito nelle sue fasi di realizzazione. Non serve a trasportare noccioline, ma pendolari e impiegati.
La nuova linea ferroviaria TER, appena inaugurata
Le arachidi nel frattempo non sono più utilizzate per far funzionare al meglio le catene di montaggio delle fabbriche europee, ma sono rimaste nei campi, ai bordi delle strade e sulle tavole dei senegalesi.